Testaroli pontremolesi: semplicità e tanto sapore
Testaroli Pontremolesi: semplicità è tanto sapore. E siamo arrivati al 22 agosto e anche questa estate un po’ strana è quasi finita, e oggi inizia la settimana della cucina di montagna.
Milano 1983, ero lì per lavoro e dovevo rimanere una settimana. Non conoscevo molto bene la città, ho imparato a conoscerla e ad apprezzarla negli anni seguenti, quindi essendo lì per lavoro ho approfittato, desideravo mangiare una cosa particolare. Un caro amico e compagno di lavoro prenotò e mi disse che mi avrebbe portato in un famoso ristorante. I Pontremolesi questo era il nome e lì quella sera stessa ebbi il piacere di assaggiare i “testaroli”. Non li avevo mai neppure sentiti nominare era il 1983, gli albori dei computer ed io ho avuto il mio pc poco dopo ma ancora la rete in Italia non esisteva. I testaroli mi piacquero tanto e decisi che li avrei rifatti e li ho fatti e rifatti, questa volta con il farro come da ricetta originale. Adesso un po’ di storia.
I testaroli sono un antico primo piatto originario della Lunigiana, regione storica divisa tra Liguria e Toscana e deve il proprio nome dall’antica città romana di Luni, situata alla foce del fiume Magra. Il termine “Testaroli” deriva dalla parola “testo”, che è il contenitore in ghisa (un tempo in argilla) nel quale avviene la prima fase della loro cottura. Sono a base di farina di grano (ma anticamente erano fatti certamente col farro) e si presentano come dei dischi molto sottili.
Secondo alcune fonti l’origine dei testaroli risale all’Antica Roma, tanto che vengono considerati il tipo di pastasciutta più antico. La loro storia è legata alla zona della Lunigiana e in particolare ai paesi di Fosdinovo, Pontremoli, Castagnetoli e in generale tutti i paesini della Lunigiana e dell’estremo levante ligure.
I testaroli sono fatti con acqua, farina e sale (anticamente farro) e si preparano mescolando gli ingredienti in una pastella fluida, anticamente cotta a legna per pochi minuti a formare una specie di crespella di alcuni millimetri di spessore. La cottura avviene in particolari contenitori chiamati testi, anch’essi di origine antica, un tempo in terracotta, oggi in ghisa. i testi hanno anche un coperchio che viene chiamato soprano e il testo che sta sotto, sottano.
Il testo serviva perché anticamente per necessità legate ad un’economia agricola e pastorale le persone si spostavano per parecchi mesi e lontano dalla propria abitazione quindi era necessario avere un oggetto dove cuocere il cibo e il testo serviva a questo.
Si prepara la pastella e poi si versa nel testo di ghisa o di terracotta molto arroventato e si copre con il coperchio lasciando cuocere per pochi minuti. L’antica ricetta prevede di tagliarlo a losanghe di circa 5 cm di diametro, portando nel mentre ad ebollizione una pentola d’acqua salata; una volta che l’acqua bolle si spegne il fuoco e si inseriscono i testaroli tagliati per farli rinvenire per un minuto circa. Si possono condire secondo la ricetta Slow Food che prevede un “pesto povero” fatto da parmigiano reggiano invecchiato 24 mesi inverdito da un trito di basilico, si cospargono i testaroli con questo “misto” e solo dopo si aggiunge un buon olio extravergine di olive. Il testarolo è un presidio Slow Food e ha una precisa ricetta depositata, ma spesso viene ancora confuso con il simile panigaccio.
I Testaroli della Lunigiana sono una pasta di antica origine. Diffusi già ai tempi di Roma imperiale, sono diventati nel corso dei secoli un piatto di prim’ordine della cucina regionale Toscana, semplice e genuina. Ancora oggi vengono realizzati con gli stessi pochi ingredienti di allora: farina, acqua e sale.
Con fedeltà ad un passato conservato con cura e rispetto, si continuano a preparare nella zona dell’antica città di Luni (oggi corrispondente al territorio della provincia di Massa e Carrara), impastati giornalmente dai fornai.[1]
Il termine “Testaroli” deriva dalla parola “testo”, che è il contenitore in ghisa (un tempo in argilla) nel quale avviene la prima fase della loro cottura. Sono a base di farina di grano (ma anticamente erano fatti certamente col farro) e si presentano come dei dischi molto sottili.[2]
Si da l caso che io abbia sia il testo di ghisa che quello di terracotta, quindi mi sono divertita e impegnata a preparare i testaroli.
Ingredienti per i “Testaroli pontremolesi semplicità e tanto sapore”:
- 400 g di farina di farro
- acqua q.b. per fare una pastella liquida
- 1 cucchiaino di sale
- 1 testo di ghisa o terracotta
pesto per il condimento
- basilico, un bel numero di foglie
- 10 g di parmigiano reggiano grattugiato
- 10 g di pecorino romano grattugiato
- 20 g di pinoli
- 50 ml di olio extravergine buono
- pochissimo sale grosso
Il pesto preparatelo come si prepara normalmente, frullate il basilico con l’olio e qualche chicco di sale grosso, poi aggiungete i pinoli e dopo i formaggi, se leggono le amiche genovesi si sentono male quindi se siete delle puriste usate il mortaio.
Fare la pastella con la farina e acqua e girate a lungo per sciogliere tutti i grumi, fatela riposare alcune ore. Mettete sul fuco il testo e quando sarà bello rovente versateci un mestolo di pastella, (il disco dovrà essere alto un paio di millimetri) coprite con un coperchio a campana e fate cuocere per 3 minuti, girate e finite la cottura. Quando tutti i dischi saranno pronti mettete a bollire una pentola piena d’acqua e pochi minuti prima di portare a tavola tagliate i dischi in losanghe e metteteli nell’acqua per un paio di minuti, scolateli e conditeli con il pesto appena fatto e formaggio. Sono un piatto meraviglioso, io li adoro
[1] Wikipedia
[2] testaroli.net
…e anche questo piatto “manca” al mio personale appello dei piatti tipici di montagna! Grazie cara Tamara di avermelo fatto conoscere. Non posseggo un testo, ma chissà mai che in qualche prossima vacanza potrò trovarne uno 🙂
Un abbraccio!
Grazie a te Cinzia, adesso farò un giro, questa cucina di montagna mi piace molto, un abbraccio a te
Ciao Tamara, non vedevo l’ora di leggere la tua ricetta. Io cresciuta a Spezia, mangiati i testaroli non sono mai riuscita a farli perché non ero certa della ricetta. Grazie adesso posso spericolarmi nella produzione.
Grazie Antonella, è una ricetta che amo molto e mi ha riportato indietro di tanti anni, infatti li faccio da diverso tempo, se hai bisogno di chiedermi fai pure, ciao
Stupendo piatto Tamara, non li conoscevo ma adorando la pasta fresca mi hanno incuriosito molto…appena questa luuuuunga estatae calda finirà sarà uno dei piatti che voglio provare.
Grazie, ciao Erica
Grazie Erica sono molto buoni, io li conosco da tanti anni, mi piacquero subito, ciao cara
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