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Due giorni di fine estate nella terra del Lambrusco Grasparossa

Due Giorni Di Fine Estate Nella Terra Del Lambrusco Grasparossa

“Non sa Ella, signora Contessa, che Domineddio fece apposta il Lambrusco per inaffiare dell’animale caro ad Antonio abate? E io, per glorificare Dio e benedire la sua provvidenza, mi fermai a Modena a lungo a meditare la sapienza…” Così si legge nella corrispondenza tra il Carducci e la contessa Lovatelli.
A nome dell’Aifb vado per due giorni a Castelvetro, un tour fra Aceto balsamico di Modena, Lambrusco Grasparossa e Parmigiano Reggiano, quello di oggi è il viaggio tra i vitigni del Lambrusco Grasparossa.

 

uva da lambrusco
Il giro era uno di quelli impegnativi, molte cose tutte concentrare in poco più di 24 ore ma tutte molto interessanti. Arrivo a Modena con il caldo tipico della zona e un abbigliamento abbastanza settembrino, si parlava di temperature molto basse. Sbrigate le procedure per l’alloggio vengo accompagnata sul primo sito da visitare: la Fattoria Moretto. Davanti agli occhi mi appare una distesa gialla-verde rossastra mai vista, un quadro di Monet. La Fattoria Moretto produce il famoso Lambrusco Grasparossa.

Siamo nel cuore del Lambrusco Grasparossa, all’incirca 200 metri di altitudine. Vengo accolta dai due fratelli Fausto e Fabio Altariva che coltivano con passione le loro terre. Coltivazione totalmente biologica che si estende in appezzamenti non contigui sulle colline di Castelvetro.

la cantina

La passeggiata nella vigna continua. Mentre i fratelli Moretto vanno avanti nel loro racconto, tocco con mano quei grappoli violacei, color melanzana e non posso non assaggiare quella meravigliosa uva io, che adoro le uve da vino, sono nel mio regno: dolce, con buccia importante ma non fastidiosa, saporita, leggermente asprigna come deve essere un’uva da Lambrusco e qui i fratelli Moretto, espertissimi e appassionati, ci spiegano che i vigneti sono allevati a cordone speronato e guyot, (sono due sistemi di allevamento della vite), la vigna ha un’esposizione a sud/sud-est, e si distende su terreni limo-argillosi. Quella del Grasparossa è una zona con ottima ventilazione, in virtù della quale, stemperando la calura estiva, si evitano molte malattie alle piante.

tappi

I racconti dei due fratelli proseguono e ci spostiamo in cantina e l’emozione aumenta vedendo questi enormi contenitori in acciaio dove il lambrusco dorme tranquillamente e a lungo a contatto con i lieviti fino a diventare quel meraviglioso nettare che poi arriva sulle nostre tavole. Dalla cantina saliamo nella sala degustazioni e lì assaggio i migliori Grasparossa della mia vita.

degustazione

Saluto la dolce collina del Lambrusco e il mio accompagnatore, un signore ben informato, che ho saputo poi essere anche una guida, mi porta a vedere il monumento al maialino (a me che sono vegetariana!!!) e dopo poco sono a Castelvetro, questo piccolo e delizioso paese, bandiera arancione del Touring club d’Italia. Castelvetro è un piccolo gioiello incastonato nelle delicate colline romagnole a quell’ora baciate dal sole che si avviava ormai verso il tramonto. Ma questa è un’altra storia.

 

tappi di sughero

 

Il vitigno da cui si produce questo vino è il Lambrusco Grasparossa che ha una particolare caratteristica: in autunno si arrossano non solo le foglie, ma anche raspo e pedicelli. IIl vitigno Lambrusco Grasparossa  sopporta facilmente le avversità, anche climatiche, e matura relativamente tardi, in alcuni anni hanno vendemmiano fino a san Martino e anche più avanti, quest’anno parlavano di uva pronta per la vendemmia nonostante il clima non troppo caldo. La sua schiuma è color ciliegia e il sasore fortemente aromatico, ottimo da bere con buone compagnie.

Da Wikipedia. L’etimologia del nome è incerta, esistono principalmente due ipotesi. La prima parla di nome che deriva da labrum (margine dei campi) la e ruscum (pianta spontanea): la vite “la brusca” sarebbe quella che cresce incolta ai margini dei campi.
La seconda attribuisce l’origine alla fusione dei termini labo (prendo) e ruscus (che punge il palato), da qui anche l’origine della parola “brusco”. Questa parola infatti, è identificativo di quella caratteristica tipica dei vini giovani, collegata ad una contenuta acidità e tannicità vivaci e gradevoli.

bicchiere

Nel 1567 Andrea Bacci, medico di papa Sisto V e botanico afferma che “sulle colline di fronte alla città di Modena si coltivano lambrusche, uve rosse, che danno vini speziati, odorosi, spumeggianti per auree bollicine, qualora si versino nei bicchieri”.

E poi nasce la bottiglia Borgognona e il tappo di sughero. Nel 1700 circa, si ebbe un’importante innovazione tecnica per la conservazione di questo vino frizzante: l’introduzione di una particolare bottiglia denominata Borgognona, caratterizzata da un vetro resistente e spesso e il relativo tappo di sughero tenuto fermo con l’aiuto di uno spago che altrimenti tenderebbe a saltare a causa della rifermentazione degli zuccheri che crea anidride carbonica.

Nel 1867 Grancesco Aggazzotti, prezioso descrittore anche dell’aceto balsamico, propone una prima suddivisione esauriente delle tre tipologie prevalenti dei vitigni coltivati: Il lambrusco della viola o di Sorbara, il lambrusco Salamino, il lambrusco dai Graspi Rossi dai quali si ricaveranno tutti i vari tipi di Lambrusco.

Il lambrusco si sposa bene con la cucina emiliana ma non disdegna piatti più leggeri, cucine più delicate a base di verdure.

Veronelli

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