Grissini stirati torinesi
Grissini stirati torinesi. Per il Calendario del cibo italiano oggi 22 aprile si celebra la Giornata nazionale del grissino stirato tipico di Torino. Li ho preparati molto volentieri, mio marito è un grissino dipendente, li mangia volentieri quindi li faccio molto spesso, non sempre quelli stirati, faccio quelli cicciotti, quelli speziati, quelli con il sale di Maldon bianco o affumicato e quelli con le varie spezie. I grissini si possono preparare con ogni spezia, e possono accompagnare ogni piatto e fanno la loro figura sulla tavola.
Il grissino stirato torinese, non è facile da preparare, va tirato non arrotolato ma tirato lentamente per non farlo spezzare, e da qui il termine “stirato”.
Sull’origine dei grissini, come abbiamo detto uno dei prodotti gastronomici torinesi più famosi del mondo, circolano due versioni.
La prima, più storica, li farebbe nascere intorno alla seconda metà del ‘300, quando il pane non si vendeva a peso ma ad ogni unità corrispondeva un soldo; a causa dell’inflazione che colpì il Piemonte, la “grissia” (forma di pane) divenne man mano sempre più leggera e sottile, fino a trasformarsi nel “gherssin” (piccola grissia).
La seconda versione, più leggendaria, sarebbe legata a Vittorio Amedeo II; a soli nove anni, morto il padre, Vittorio Amedeo divenne duca di Savoia sotto la reggenza della madre. La sua salute debole non dava segni di miglioramento, perciò la duchessa si rivolse al medico di Corte, che a sua volta parlò delle nobili ansietà al panettiere. Dopo attente valutazioni, la medicina studiata per il giovane duca fu identificata in una dieta, da realizzarsi con pane friabile e ben digeribile. Il panettiere ducale, il cui nome, tramandato ai posteri era Antonio Brunero, inventò così la ricetta originale del grissino (forse già noto in altre zone del Piemonte).
Indipendentemente dalla sua origine, il grissino ha sempre goduto di molto successo anche presso i nobili. Ne era ghiotto re Carlo Felice che lo mangiava nel suo palco a teatro; presso le Corti europee il “les petits baton de Turin” veniva degustato con curiosità; nella Francia di Luigi XIV si tentò di imitarlo, facendo arrivare a Parigi due artigiani torinesi, ma l’acqua e l’aria della Senna non erano buone come quelle del Po e i risultati furono modesti; Napoleone inviava regolarmente dei corrieri imperiali a Torino per rifornirsi del “gherssin”. [1]
Ingredienti per Grissini stirati torinesi:
- 300 g farina manitoba – (250 g farina O, 5o g semola rimacinata)
- 170 ml di acqua
- 8 g lievito di birra
- 1 cucchiaio di malto d’orzo
- 7 g di sale
- 3 cucchiai di olio extravergine d’oliva
- semola rimacinata per spolvero
Setacciate la farina nella ciotola della planetaria, sciogliete il lievito in 100 ml di acqua tiepida tolti dal totale, e unite il cucchiaino di malto d’orzo.
Versate l’acqua con il lievito al centro della farina, unite tutta l’acqua e cominciate ad impastare, continuate e per ultimo aggiungete il sale.
Lavorate a lungo l’impasto, almeno 15 minuti, fino a renderlo liscio e morbido. Coprite la ciotola e fate riposare 15 minuti in un luogo tiepido.
Riprendete la pasta, sgonfiatela e lavoratela velocemente per pochi istanti, mettetela di nuovo nella ciotola, copritela con la pellicola e fatela lievitare nel forno con la luce accesa al riparo da correnti d’aria.
Riprendete la pasta, mettetela sul piano di lavoro e con un tarocco tagliate delle strisce sottili e tiratele lentamente, qualcuno rotola la pasta sul piano di lavoro, io l’ho solamente tirata per dargli la classica forma di grissino stirato. Devono essere molto sottili, la ricetta che ho trovato e a cui mi sono ispirata parla di 15 g di pasta da lavorare, io ne ho usata meno, altrimenti i grissini quando lievitano vengono più cicciotti.
Accendere il forno a 220°C, foderate una teglia con carta forno e man mano che i grissini sono “stirati” appoggiateli sulla teglia e infornatela, controllate dopo pochi minuti perché così fini si colorano velocemente. Andate avanti fino ad esaurimento della pasta.
Il consiglio è di cuocere 5/6 grissini per volta senza aspettare di riempire la teglia, perché continuano a lievitare e dientano sempre più cicciotti, invece devono rimanere sottili.ì, io ho fatto così, il lavoro è lungo però potete preparare una teglia mentre l’altra è in forno così le alternate. Il risultato vi ripagherà la fatica, i grissini sono ottimi e durano tanti giorni, avvolgeteli in un telo di cotone e basta.
[1] Taccuini storici
C’è troppo da imparare da te! Stupendi i grissini e sensazionali le foto!
Non esageriamo cara, ti ringrazio ma da te c’è da imparare, sei molto brava, io eseguo tu mi pare che crei 😉
Questi sembrano proprio i grissini che da bambina andavo a comparre con il mio papà.
Un vero tuffo nel passato!
Ottavia sono contenta di averti ricordato la tua infanzia, adoro questi grissini, sono come quelli che si compravano nei forni tanti anni fa è vero 😉 grazie cara
qui mi parte la nostalgia, Tamara… uguali identici a quelli di casa nostra, con la piccola differenza che erano comprati.. ma come fai, mi chiedo, come fai??? bravissima!
Mi fa piacere Alessandra, li ho fatti molto volentieri. In realtà io avevo cominciato con i lievitati e ci riuscivo abbastanza bene, mi destreggiavo con i vari lieviti che ti prendono molto e avevo aperto il blog di solo pane, poi la cucina mi ha coinvolto di più e sono contenta, però i lievitati mi sono rimasti nel cuore e poi si mangiava sempre tanto buon pane 🙂 , oggi ci sono tantissime esperte di pane e le invidio molto, è un’arte…